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LE VITE PARALLELE 1


Adolph Hitler

Salve a tutti. Mi chiamo Adolph Hitler, e sono un incompreso.
Gli storici danno di me un'immagine fuorviante. In tutti i manuali di Storia sono presentato come un sanguinario dittatore, un folle schizoide, uno spietato omicida. Possibile che nessuno si ricordi del periodo in cui sono stato il più grande ballerino di tip tap del mondo? E' così che vorrei essere ricordato dai libri di Storia. Adolph Hitler, il più grande ballerino di tip tap del mondo.
Sono anche scrittore. Ho scritto un libro. Per questo sono uno scrittore. I revisionisti ne hanno cambiato il titolo e i contenuti per gettare fango sulla mia figura. Hanno reso quest'opera il manifesto del Nazionalsocialismo: ricerca dello spazio vitale, antisemitismo, dottrina del Volkstaat, antibolscevismo, pangermanismo, e altre bagatelle. L'hanno chiamato Mein kampf. In realtà si chiamava Mein Kraft. Era la favola di una sottiletta balbuziente. Mi hanno legato alla ferocia barbara della Germania nazista. E pensare che non sono nemmeno tedesco. Nacqui a Braunau, in Austria. Era il 1889. Appena nato piangevo come tutti i neonati e il dottore mi dava gli schiaffetti sul sedere per farmi respirare. E i calcetti. E i pugnetti. E mi sbatteva contro il muro. E mi buttava giù dalla finestra, per controllare se ero più leggero dell'aria, visto che mia madre voleva chiamarmi Elio. Sarà per questo che sono diventato cattivo.
Volevo fare il pittore, quando ero giovane. Dipingevo con quello che mi capitava per le mani: acquerelli, vernice, sangue umano. Il sangue umano era quello che usavo di più, perché allora il rosso era il mio colore preferito. Era il mio Periodo Rosso. Dal 1938 ho avuto il mio Periodo Nero. Me l'ha aperto un artista italiano... coso, lì... boh. Di lui ricordo soltanto che si offese quando per il suo compleanno gli regalai un phon.
Sono stato anche in galera. I nove mesi più lunghi della mia vita. E' lì che ho fondato le basi teoriche del mio pensiero liberticida. Ho partorito un mostro, lo so. Ma non ero poi così cattivo. Ero nei boy scout, prima di diventare presidente della Germania. E tutti mi ammiravano. Ero l'unico a saper accendere un fuoco strofinando due
criceti.
La mia vita è cambiata quando sono stato nominato cancelliere e poi presidente. Proprio così, è stato il popolo tedesco a scegliermi. Mi hanno eletto in regolari elezioni democratiche. Curiosamente, entro un anno il Parlamento era sparito e anche tutti gli altri partiti.
All'improvviso, puf, mi sono alzato una mattina e non c'erano più. I miei gerarchi dicevano che era stata la Fatina del Manganellino.
I miei gerarchi erano simpatici quanto un rinoceronte obeso con la diarrea che che ti caga nel piatto mentre stai mangiando. Uno in particolare mi irritava, Himmler. Con la scusa che avevamo nomi simili si faceva passare per me e entrava gratis nei cinema. Gli piaceva Bambi. Ordinò un cerbiatto per posta e lo torturò a morte. Era un brav'uomo.
E sapeva cantare l'Aida in alfabeto morse.
Joseph Goebbels era il mio addetto alla propaganda. Radunava folle oceaniche in occasione delle parate del partito, poi mi faceva salire sul palco e mi costringeva a rappare le ultime conquiste tenendomi il pacco.
Nel 1941 stavo sbrinando il frigorifero quando mi accorsi che non avevo abbastanza ghiaccio da drink per festeggiare la conquista della Francia. Non potevo scendere a comprarne un po' perché ero in vestaglia, così decisi di invedere il Polo Nord. E per farlo fui costretto a passare dalla Russia. I russi fraintesero e lanciarono contro i miei battaglioni uno stormo di pinguini kamikaze. Fu l'inizio della fine. Nel 1945 sono morto. Mi sono ammazzato in un bunker, sotto la mia Berlino, mentre gli alleati e i russi entravano in città. Altri erano scappati, io mi sono ucciso. Un colpetto di pistola alla testa, pum. No, non è vero. Sono ancora vivo, e oggi suono il bassotuba nel complesso di Elvis.

Saddam Hussein

Salve a tutti. Mi chiamo Saddam Hussein, e sono un incompreso.
Gli statunitensi danno di me un'immagine fuorviante. Dicono che nascondo Weapons of Mass Destruction. Non so che roba sono ma se non le hanno trovate significa che non ce l'ho, queste WMD. Però ho una BMW. E' lo stesso?
Sono anche una star. La prima udienza del mio processo trasmesso in diretta Tv ha riscosso un successo strepitoso. Mezzo Iraq mi ha visto, uno share colossale. Mediaset ha comprato il format del programma. E dalla prossima udienza sarò sponsorizzato dalla Nike. Entrerò in aula tirando a canestro.
Mi hanno legato alla brutale invasione del Quwait, inizio della prima guerra del Golfo. Ma che c'entro, io? Nel 1991 studiavo al CEPU con Del Piero.
Ho sempre voluto fare il dittatore. Mi piace vivere in case grosse così, vestirmi ogni tanto da soldato, avere un grande esercito e fare quello che voglio infischiandomene degli altri. Ma non sono l'unico.
Mi hanno detto di un tizio che vive in una casa grossa così, ogni tanto si veste da marine, ha un esercito colossale e fa quello che vuole infischiandosene del mondo intero! Dev'essere un grande dittatore.
Ho poca pazienza con i riottosi. Li facevo torturare. Quelli che si opponevano a me venivano frustati. Quelli che si opponevano a me e cospiravano per rovesciarmi venivano mutilati. Quelli che si opponevano a me, cospiravano per rovesciarmi e tentavano di ammazzarmi venivano mandati a Buona Domenica.
La mia vita è cambiata quando sono diventato presidente dell'Iraq. Sì, ero presidente della Repubblica. Mica un despota o un tiranno. Mi ha scelto il popolo iracheno in regolari elezioni. Ho sempre avuto il 100% dei voti. Sono io il presidente più amato di tutti i tempi! E' vero, c'era soltanto il mio nome sulla scheda, ma gli elettori potevano sempre consegnarla in bianco. Se non erano affezionati alla loro famiglia.
Questa storia della scheda a voto unico l'ho presa da un artista italiano... coso, lì... boh. Di lui ricordo soltanto che era la copia spiccicata di Claudio Bisio.
I miei gerarchi erano gente simpatica e frizzante. Tarek Aziz era il mio preferito, perché sapeva muovere le orecchie come Topo Gigio. E quegli occhiali! Erano enormi: cadevano per terra, si rompeva il pavimento.
Il mio Ministro dell'Informazione era un ottimista. Diceva che gli americani stavano perdendo la guerra, che Baghdad era al sicuro, che avrei governato per altri cento anni. Oggi lavora all'Unieuro. Ogni tanto mi chiama, e dice che vede gli uccelli di legno.
Sarà perché è una testa di legno. Mentiva sempre. Avrei dovuto nominarlo presidente del Consiglio.
Nell'inverno del 1990 stavo accendendo il calorifero quando mi accorsi che non avevo abbastanza petrolio per alimentarlo. Non potevo scendere a comprarne un po' perché ero in vestaglia, così decisi di invedere il Quwait. Ma mi confusi, e terra petrolifera per terra petrolifera invasi il Texas. Inspiegabilmente Bush padre se la prese e mi lanciò addosso sette milioni di marine. Fu l'inizio della fine.
Nel 2004 sono stato catturato. Ero in un bunker sotterraneo. Stavo giocando a monopoli quando un intero reggimento di soldati USA tutti uguali mi ha prelevato e portato da un odontoiatra. Avete visto, in Tv? Mi hanno impiantato una capsula nucleare sotto il premolare destro. Se scappo, puf, mi sgretolo. Perché mi hanno attaccato, poi? Non lo so. No, non è vero. Lo so benissimo. Bush figlio ha invaso l'Iraq perché gli serve nuovo combustibile per alimentare la sua collezione di seicentomila lampade a petrolio iracheno. A lui piacciono. Quando vuole giocare, le mette in due file parallele davanti al suo ranch, le accende e ci fa atterrare i boeing. Che mattacchione.

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